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The Strokes – The New Abnormal

Sono trascorsi 7 anni dal precedente album ma per raccontare questo “The New Abnormal” occorre riavvolgere il nastro fino all’11 settembre 2001 data prevista dell’uscita in America del loro album di esordio “Is This It”, lo stesso giorno in cui avvenivano gli attentati alle torri gemelle di New York ( proprio per questa ragione la pubblicazione venne poi posticipata al 9 ottobre). Un album  che avrebbe incendiato da lì a poco l’intera scena newyorkese, tanto che la critica dell’epoca ne rimase incantata.  Lo stesso NME arrivò a portali nella copertina della rivista,  descrivendoli come skinny, leather-clad frames milling about on a street corner in the heart of Manhattan’s Lower East Side”,  alzando ancor più il tiro fino ad affermare come They look and sound like a band who are going to save rock!” . Gli Strokes avevamo tutto quello che da quelle parti si attendeva , la vena stanco/nostalgica e distaccata dei Velvet Underground fino al saltellante e coinciso punk-rock dei Ramones. I successivi “Room On Fire” del 2003, e “First Impressions of Earth” (2005) con relativi tour ne consacravano le qualità anche in Europa divenendo di fatto il centro di gravità per tutto l’indie rock degli anni 00.  Come spesso accade, dopo un pò l’alchemia si interrompe, cosi gli album  del secondo decennio, Angles (2011) e The Comedown Machine ( 2013) , risultano alterni ed neppure i progetti paralleli del cantante e trascinatore della band Casablancas e del chitarrista Albert Hammond Jr.  segnano una risalita.
Si arriva al 2020 con gli Strokes dati ormai al capolinea quando invece si assiste al più classico dei déjà vu. Mentre l’ennesimo evento epocale ( cosi come successe nel 2001) sta per abbattersi sull’America con l’ingresso della pandemia compare sulle scene il sesto album della band intitolato, neppure a farlo apposta, The New Abnormal” segnando un clamorosa  quanto inattesa rinascita.
L’album lascia alle spalle il decennio oscuro della band e si propone senza stravolgerne il marchio di fabbrica, che ne aveva regalato le fortune, sotto una nuova veste più matura ed articolata. Il riferimento al revival degli anni 80 non è soltanto sonoro ma anche visivo, tanto da esplodere in tutta la sua potenza già nell’artwork di copertina dove compare il famoso “Bird on Money” del neoespressionista Jean-Michel Basquiat, del 1981 tributo al jazzista Charlie Parker soprannominato “Yard Bird” per la libertà con cui volava nelle sue melodie. Le citazioni sul tema non mancano Le band degli anni ’80, dove sono andate?”, canta Casablancas in Brooklyn Bridge to Chorus”. Stesso copiane  in , Bad Decisions”, che si rifà a Dancing With Myself” di Billy Idol, condividendo i crediti di scrittura con Idol e il suo collaboratore Tony James. C’e spazio anche per le tematiche ambientaliste in “Eternal Summer” di gran lunga la traccia più sperimentale dell’album e alla medesima tematica si indirizza il titolo dell’album, dove per stessa ammissione di Casabalncas  “The New Abnormal” derivava da una citazione dell’ex governatore della California Jerry Brown in riferimento agli incendi avvenuti a Malibù nel 2018 che lo fece parlare del  nuovo anormale”. Tra le altre tracce da citare troviamo “The Adults Are Talking” nel tipico mood della band e “At The Door” con i synth straripanti ed il cantato di Casablancas che sposa il tappeto intessuto dalle tastiere con la totale assenza della batteria di Moretti,  di sicuro il brano maggiormante innovativo dell’album.
Not the Same Anymore”, guidata da linee di chitarra memorabili e inquietanti, che tanto strizzano l’occhio alle sonorità di Johnny Marr degli Smiths, altro punto di picco, altra traversata malinconica tra postmodernismo e vintage. In chiusura troviamo il saluto con “ Ode To The Mets” una dream pop ballad , scritta da Casablancas mentre tornava a casa in metropolitana da una partita di baseball che i New York Mets, la sua squadra, avevano perso. La canzone in realtà non riguarda il baseball e per questo aveva pensato sempre di cambiarne il nome , ma poi è  rimasto tale perchè capace di evocare qualcosa a cui ti sei dedicato e che ami incondizionatamente ma questo continua a deluderti” che invece era il vero contenuto del testo. Il video che ne accompagna la traccia è stato diretto dl regista  Warren Fu storico collaboratore della band e mostra la città di New York in vari momenti della sua storia attraverso lo sguardo di otto diversi animatori. Si conclude in una ambientazione futura con New York sott’acqua, apparentemente a causa del cambiamento climatico, mentre banners proclamano slogan ottimistici che ironicamente parlano di un futuro migliore. Se Alex Turner degli Arctic Monkyes nella prima strofa del loro ultimo album canta “I just wanted to be one of the Strokes” si capisce quanto l’influenza di questa band abbia segnato la dimensione del rock alternativo degli ultimi 20 anni. In un mondo in cui sembra che tutto stia per cadere a pezzi la certezza di avere ritrovato la loro musica ci fa sentire già meglio.

 

Pubblicato inalternativerock