“A Weekend In The City”, ovvero essere al posto sbagliato nel momento sbagliato, l’album è totalmennte influenzato dagli eventi accaduti a Londra il 7 luglio 2005, sentimenti di insicurezza e paura per una dilagante forma di violenza che sembra inarrestabile. Il quadro dipinto dai Block Party al loro secondo appuntamento, dopo lo scoppiettante esordio di Silent Alarm, è incentrato su tinte fosche e su paesaggi pervasi da una diabolica malignità. Già nella suontuosa apertura dell’opera con “Song For Clay (Disappear Here)”, si usano paragoni sferzanti nella loro gelida freddezza “Cocaine won’t save you because East London is a vampire”, si prosegue “Hunting For Witches” in cui si rievocano gli spiriti electro-crossover di Aphen Twin e Prodigy, a chiudere il fantastico trittico iniziale ci pensa “Wating For The 7.18” una “Banquet” in versione 2007. Non mancano episodi piu melodici come “I Still Remeber” “Sunday“e “Sxtr” in cui l’elettronica più “integralista” viene per un attimo tenuta sotto controllo. Un album coraggioso, una band che, ancora una volta, ha saputo distinguersi con senso critico davvero invidiabile. Kele Okereke, leader del gruppo sottolinea tutta la distanza dalla teatrale e ridicola “rabbia sociale” di gruppi punk rock in stile Green Day che confezionano facili soluzioni pronto uso. “Pop songs won’t change a government” la sua ricetta etica è quella di far scattare l’allarme sarà il tempo a fare il resto. Promossi.
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